“Neanderthal” è l’album di debutto del talentuoso cantautore bolognese Lorenzo Meloni
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Si intitola “Neanderthal” l’album d’esordio del cantautore bolognese Lorenzo Meloni.
Composto da dieci tracce che vanno ad analizzare la psiche umana nelle sue contraddizioni più viscerali, tra ironia e autoanalisi morale, avvolte da sonorità ricercate dalle tinte variegate, “Neanderthal” è un disco topografico, che riflette atmosfere notturne e trova il suo focus nella parola, al punto da essere accostato alla poesia recitata, pur non rinunciando a sperimentazioni – anche ardite – in termini di arrangiamento.
Luoghi e situazioni disegnati a tratti impressionisti, con un costante intreccio tra contemplazione ipnotica e racconto. Un dialogo interiore continuo con il proprio ego, spesso sdoppiato, filtrato da riusciti riferimenti cinematografici e da un’impostazione iconografica. Domina, infatti, la sinestesia e ciò si evince anche dal grande lavoro dietro ai videoclip ufficiali di “Quella che dorme” (video qui) e “Sig.Da Vinci” (video qui), brani che, insieme a “Qui“, hanno anticipato l’uscito del progetto full length.
Di seguito, tracklist e Track by Track del disco.
“Neanderthal” – Tracklist:
1- Haiti
2- Prete
3- Judy McGraw
4- Sole
5- Sig.ra Da Vinci
6- Quella che dorme
7- Qui
8- Notte strana
9- Per una bambina
10- Neanderthal
“Neanderthal” – Track by Track, l’album raccontato da Lorenzo Meloni:
Neanderthal: è la prima canzone che non ho buttato via, quella che mi ha convinto a continuare, scritta di getto a 17 anni in un quarto d’ora. L’album si chiama sia per questo che per il fatto che tutti i pezzi della raccolta seguono la sua scia, alquanto disturbata ma sincera.
Judy McGraw: per chi è cresciuto con i cantautori italiani e un amore feticistico per l’immaginario anglo-sassone, è naturale approdare e infatuarsi della musica di Nick Cave. Il suo Murder Ballads in particolare, come ha già dimostrato Massimo Bubola, è un meraviglioso canone macabro che ci si può divertire a saccheggiare e arricchire e Judy attinge a quest’ultimo, è stata scritta per il gusto di raccontare in musica.
Per una bambina: mai sentito parlare del concetto di Mind Palace? Io solo vagamente, ma mi sembrava un’immagine bellissima, da interpretare alla lettera. In questo pezzo ho creato una vecchia casa che non sta da nessuna parte se non nella mia testa e ci ho ambientato una storia di fantasmi che non sono gente morta, ma idee non realizzate, amori non sbocciati.
Hey prete: parlando di Bunuel, Orson Welles disse che solo un vero cristiano poteva odiare Dio così, e forse ci vuole un vero ateo per sentirne la mancanza. Io non sono neanche battezzato, un prete non credo di averlo mai visto da meno di cento metri. Mi sembra gente sicura delle proprie posizioni, e in quel momento io non lo ero.
Haiti: da piccolo vidi “Il serpente e l’arcobaleno” di Wes Craven e da allora mi è rimasta la passione per la cultura caraibica, l’animismo africano che si contamina e rinasce nel vudù. Mi colpiva l’idea della possessione, che da noi è maligna ma lì è parte di un preciso sistema rituale, e quella di accogliere in sé un principio esterno. E poi mi permetteva di fare un pezzo world!
Sole se Neanderthal merita il titolo dell’album perché è il cuore tematico di tutto, Sole è finita in copertina perché ne contiene la rappresentazione visiva più immediata, più essenziale. Tanto per cambiare è una storia di ossessione. Sono particolarmente soddisfatto dell’arrangiamento elettronico.
Notte strana: tutto l’album è stato un processo a due di continuo scambio e stimolo reciproco, e Carlo si è letteralmente scatenato in fase di arrangiamento. Notte strana è l’esempio per eccellenza, un vero e proprio viaggio grottesco in un’atmosfera da incubo che non sarebbe lo stesso senza la sua fantasia.
Quella che dorme: canzone al crocevia tra romantico e onirico, tra tradizione italiana e ballad d’oltreoceano: tre minuti e mezzo sospesi, notturni, in viaggio “dove forse non c’è ancora strada”.
Sig.ra Da Vinci: ci sono una vecchia, un poliziotto e un pittore del Rinascimento. Sembra una barzelletta e un po’ lo è. Il Classico fa male, lo sanno tutti. Ivan Graziani voleva farla a pezzi la Gioconda. Io mi ritrovo a sghignazzare su quest’idea di Leonardo che per fare le dissezioni anatomiche finisce per farsi arrestare tipo Herbert West Rianimatore, e con sua madre che litiga con la polizia. Un delirio (rinasci)mentale che non sarebbe lo stesso senza l’apporto di Carlo e dei suoi clavicembali punk.
Qui: nata come un sogno di evasione ispirato da una suggestione visiva: il parco sotto casa completamente buio di notte con le luci circostanti che danno l’impressione di vita, di qualcosa di lontano che si vuole raggiungere.
Si ringrazia come sempre l’Ufficio Stampa di Eduardo Giometti.
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