Sanremo 2019: Motta in Conferenza Stampa

Motta, in gara alla 69esima edizione del Festival di Sanremo con il brano “Dov’è l’Italia”, oggi pomeriggio è stato in Conferenza Stampa per rispondere alle domande dei giornalisti.

La prima domanda che gli viene posta è: “In questa Italia in cui dici di perderti, come ci si ritrova?”

“Con delle cose che prima erano ovvie, come l’educazione per esempio. Cercando di fare in modo che tutto quello che facciamo diventi sempre qualcosa di importante”.

“A parte Tenco, quali sono i tuoi cantautori preferiti?”

“Dopo i miei genitori, Lucio Dalla, Fabrizio De Andrè…Queste sembrano cose ovvie, ma uno si dovrebbe soffermare almeno una volta alla settimana ad ascoltare Com’è profondo il mare“.

Gli viene poi rivolta una domanda relativa al cambio di look, “meno indie”: “Quanto il tuo look rispecchia la tua musica?”
“Già non esiste la musica indie, ora pure il look? Io volevo solo sentirmi a mio agio. Volevo semplicemente vestirmi così.

​Dopo 12 anni sei riuscito a portare a Sanremo Nada. In passato avete già collaborato? Com’è nata la collaborazione?

“Io ho suonato per lei chitarra e tastiera e devo ringraziarla per tantissime cose, soprattutto perché mi ha fatto capire che le canzoni sono più importanti di noi. E’ una donna fantastica e alle prove mi ha fatto vedere il pezzo sotto una luce diversa per il testo, facendomi capire  che devo lasciare da parte il mio ego da cantautore: le canzoni vanno coccolate. Il pezzo mi faceva paura. Ci ho messo tanto tempo a finire di scriverlo. È nato da un fuoco, prima il ritornello e poi la strofa. Solo Nada può cantarla”.

“Cosa ne pensi di chi critica gli artisti che fanno anche gli attori, per esempio. Non dovrebbero esporsi e fare solo i cantanti?”

“Penso che…è una cazzata! Non dovrei manco uscire di casa, parlare proprio!”

“Tu facevi parte di un gruppo rock che andava bene, i Criminal Jokers. Tre anni fa hai intrapreso la carriera da solista, cos’è successo?.

“Non mi sopportavano più, giustamente” Anch’io faccio fatica a sopportarmi! Trovare altri due pazzi che a 18 anni decidono che vogliono fare della musica il loro mestiere, ti fa sentire un po’ meno pazzo che da solo. Facevamo punk, musica molto aggressiva. Come in adolescenza che, per cercare movimento, ti inventi dei nemici. Poi ti accorgi che non esistono e inizi a combattere con te stesso. Dopo inizi a volerti bene e lì ho fatto il primo disco”.

“Sbaglio o hai in mente di scrivere un libro…”

“Sicuramente sull’insegnamento della musica”.

“Hai pensato di comporre questa canzone per proporti al pubblico nazional popolare?”

“Al contrario. Dopo che ho scritto questa canzone mi sono detto che avrei dovuto cantarla a tutti”.

“Ti chiedi dov’è l’Italia. Ti sei dato anche una risposta?”

“Di solito io scrivo le canzoni quando mi pongo delle domande a cui non so rispondere. Questa volta la domanda è nel ritornello. Non so dove andremo. Dobbiamo per forza avere fiducia nell’essere umano, altrimenti non faremo sentire le canzoni a nessuno. Non so dov’è, ma so che voglio esserci”.

“Qualcuno ti definisce il prossimo Guccini. Cosa ne pensi?”

“Per me è un onore, l’ho sempre ascoltato e mi piace tantissimo.”

“Una curiosità su Achille Lauro: cosa ne pensi? Ti piacerebbe fare qualcosa insieme, una collaborazione futura?”

“Mi ha molto incuriosito. Perché no a una collaborazione!”

“Prima hai detto che l’indie non è un genere musicale. Che cos’è allora?”

“Indipendente è una parola importante e a volte viene usata male. La musica indie nasceva da un parallelismo tra un’etichetta indipendente e la musica che facevi. Ora ci sono etichette indipendenti che fanno non fanno musica libera e major che la fanno”.

“Come lo stai vivendo questo festival? Ti stai divertendo?”

“La cosa che mi diverte di più è quando monto su quel palco. Sì, mi sto divertendo”.

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