“Gu.A.St.O” è l’EP di debutto delle talentuose Yayanice
Dopo “Coriandoli” (ne abbiamo parlato qui), le Yayanice pubblicano “Gu.A.St.O.“, il loro primo EP.
Il titolo è un acronimo di “Guardare Attraverso STrani Occhi”. Cinque brani con sound diversi che si sono trovati sulla stessa strada e sono entrati a fare parti di quello che volgarmente chiamiamo album.
“Non chiamatelo album, non chiamatelo progetto, non chiamatelo gioco. Non chiamatelo. Ballatelo”. Il messaggio delle Yayanice è chiaro: “Gu.A.St.O.” sono cinque canzoni che non vanno capite, ma vanno ballate. Cinque storie raccontante da diversi punti di vista.
La prima storia è “Coconut“, la pecora nera del gruppo, l’unico pezzo cantato in inglese. A raccontare questo brano ci ha pensato un sound dance anni ’90.
Si passa a “Nero di Troia“. Il brano nasce da un’esperienza vissuta in prima persona dalle Yayanice. «E’ un brano pensato ed ispirato ad una persona che ci ha ferito, che ci ha girato le spalle e ci ha parlato in modo poco chiaro confondendoci. La canzone vuole essere uno sfogo un po’ fuori dai denti: “in vino veritas”, come si suol dire».
Si cambia stile e arriva il un beat ironico che strizza l’occhio al funky ed all’hip hop. In questo sound viene raccontato “Sciacquone“. Un brano che vuole descrivere un gran finale, la presa di consapevolezza che serve a girare pagina, a chiudere un ciclo, quando tutto dentro di noi diventa chiaro e trova il suo posto, senza più combatterci.
Ed ecco che arriva una storia raccontata come una ballad: “Coriandoli”. Le sonorità sono molto fluide, liquide e sospese, nell’intenzione di evocare quella bolla dove tutto può succedere, dove il distacco dalla realtà lascia spazio in qualche modo alla speranza che qualcosa di buono si palesi, nonostante lo scorrere inesorabile del tempo.
Questa avventura si conclude con “Mezcal“, l’ultimo brano e il pezzo più inaspettato. Il contenuto della canzone vuole essere intenzionalmente semplice, ripetitivo, per non cozzare con la ritmica tutta da ballare.
“Gu.A.ST.O.” è questo. Cinque storie raccontate in modo diverso, ma che ci parlano comunque del viaggio delle Yayanice.
Si ringrazia come sempre l’Ufficio Stampa di Camilla Ortolani.
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