“Anedonia” è il debut album del talentuoso cantautore campano Graman

E’ disponibile su tutte le piattaforme digitali “Anedonia” (Aurora Dischi) il primo album del cantautore campano Graman.

Sette canzoni prodotte da Stefano Bruno (già al fianco della band Riva) , frammenti d’anima messi insieme per raccontare una storia sincera, un racconto senza censure e senza paura. Il filo conduttore di questo lavoro è l’anedonia, cioè l’incapacità di provare piacere o soddisfazione. Una sorta di “anestesia locale” che spesso è un passo indispensabile per sanare le ferite prodotte dalla fine di una relazione. Una sorta di disintossicazione sentimentale che ci permetta di elaborare nuove routine, ricostruire la nostra identità e sanare il nostro autoconcetto.

«Tutto nasce dalle emozioni – dichiara l’artista -: ogni volta scrivo spinto da una forte emotività. Ad ispirare il titolo una chiacchierata con mio fratello che è stato capace sintetizzare in un’unica parola il micidiale mix di sensazioni che mi tormentava».

L’EP anticipato dal singolo “Telecinesi” si muove tra sonorità urban ed indie-pop, con testi immediati e diretti, che riservano però un lato romantico e nostalgico. Un songwriting in grado di stilizzare una proposta semplice ma che punta l’attenzione sulla sensibilità e sull’esigenza espressiva di Graman.

Di seguito, tracklist e track by Track dell’album.

“Anedonia” – Tracklist:

1. Occhi China
2. Travi Storte
3. Escamotage
4. Nacchere
5. Quello che sei
6. Telecinesi
7. Bunker

“Anedonia” – Track by Track:

Occhi china. È il brano più pop dell’EP: una ballata struggente con un ritornello che richiama le sonorità dei Beatles e degli Oasis. “Occhi china è un brano nato di getto: l’ho scritto e composto in 20 minuti e non ho mai corretto o rivisitato il testo. Gli occhi china sono la bellezza e la profondità degli occhi a mandorla che mi hanno folgorato. ” Il ritornello si apre come una classica canzone pop da cantare e stonare a squarciagola. “Gli occhi che c’hai tu neanche tra 100 anni me li scordo più.

Travi Storte. Travi storte è un brano dalle sonorità urban, in cui Graman accantona per un po il fil rouge indie-pop. Un beat che accompagna una melodia nata nello studio di Stefano Bruno mentre lui lavorava alle produzioni degli altri brani dell’album. “Sto male da una vita e dentro ho una ferita in orbita”.

Escamotage . Un brano malinconico, un dialogo con se stessi , una di quelle rese dei conti allo specchio, quando metti sui piatti della bilancia tutto quello che non sei riuscito a fare e quello che avresti voluto fare. “Voglio vincere la battaglia tra me e le mie paure, le mie incertezze e i miei scudi, un’escamotage mi salverà”.

Telecinesi. Il brano racconta di un post sbronza nel bar più “famoso” del paese, è una canzone d’amore mai sbocciato completamente. Telecinesi è l’incapacità della “ragazza che non c’è” di provare empatia, lei con che il “cuore blu” è capace di muovere i ragazzi a proprio piacimento, come se sa avesse il dono della “telecinesi”. L’ancoraggio ad un amore, seppur non ricambiato, come antidoto al vuoto di una vita in periferia, di un ragazzo che non riesce ad accontentarsi di una routine priva di sensi. Le emozioni come alternativa non sempre efficace allo sballo. “Nel petto hai un cuore blu e nella testa hai fiori giapponesi, tu muovi sti ragazzi, telecinesi”.

Nacchere. Nacchere è una canzone leggera, spensierata e con qualche riferimento agli studi di sociologia di Graman. Le “nacchere”, tradizionale strumento della tarantella napoletana , sono la metafora per rappresentare l’ammirazione per una ragazza. “Resta ancora un po’, anche se fa paura e dopo balla un valzer qui con me nell’oscurità per la felicità”. Una dedica d’amore , una lettera aperta per dire “grazie” a chi resta anche nei momenti più bui, perché è proprio in quei momenti che ci si rendo conto che le persone che restano sono molto preziose. “Lei studia Bourdieu, ma sbuffa alla finestra e mi fa un sorriso, i suoi occhi mi stanno spettinando”.

Quello che sei. Quello che sei è una canzone senza troppi fronzoli. Il ritornello richiama il classico pop italiano. Un brano in 4/4 con un testo in cui l’autore ammette senza vergogna di aver bisogno di un’altra persona. “Quello che noi siamo non mi basta mai e quando non ti sento giuro impazzirei, quando tu sorridi trema tutto”. Vivere di solo amore non è possibile e purtroppo non è sufficiente, ma saper di poter contare su una persona sicuramente alleggerisce il peso costante delle difficoltà della vita.

Bunker. Bunker è la canzone che chiude l’album. È un brano introspettivo e scuro. È una sintesi di tutti i colori e le sensazioni che avvolgono le sette tracce di questo lavoro. La metafora del bunker rappresenta la “chiusura” e il sentirsi bloccati e incapaci di aprirsi alle nuove esperienze. “Il mio cuore è livido, il tuo amore è tiepido”.

 

Si ringrazia come sempre l’Ufficio Stampa di Aurora Dischi.

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