Musica e Autismo. Perché le sette note sono davvero la miglior medicina dell’anima – Articolo in partnership con InstaBlogMusic

Quante volte, nella vita di tutti i giorni, ci capita di ascoltare, anzi, più di sentire passivamente, parole di ogni genere che diamo per apprese, scontate, ma di cui, in fin dei conti, non conosciamo il reale significato, la vera accezione. Una di queste, è “autismo”, ma ci siamo mai soffermati a comprendere cosa sia davvero e cosa significhi, realmente, conviverci?

Ecco, noi, nel nostro piccolo, indipendentemente dal percorso formativo più o meno tecnico a riguardo che abbiamo alle spalle, ci siamo posti queste domande, rivolgendole direttamente a chi vive quotidianamente al fianco di una persona autistica, immerso in una società che non vuole approfondire, non per timore di porre scomodi quesiti, bensì, per una parziale, o più spesso totale, mancanza di interesse.

L’autismo è, per sua definizione, “un disturbo del neurosviluppo, caratterizzato dalla compromissione dell’interazione sociale e da deficit della comunicazione verbale e non verbale, che provoca ristrettezza d’interessi e comportamenti ripetitivi”, o per dirla in maniera meno specialistica e più vicina al cuore, una perdita del contatto con la realtà – o come preferiamo dire noi, con quella che collettivamente definiamo realtà -, che porta il soggetto alla creazione, alla costruzione di una vita interiore propria, riscontrabile anche in individui affetti da disturbi psichici come, ad esempio, la schizofrenia.

Manifestato nei primi anni di vita, ma purtroppo, ancora troppo poco spesso colto da coloro che non vogliono osservare e, ancora oggi, drammaticamente, trovano nella diversità un difetto e non un arricchimento, l’autismo è caratterizzato dall’assenza di genesi, e del conseguente sviluppo, di relazioni sociali e affettive, da una notevole difficoltà nell’utilizzo del linguaggio, da un’apatia costante, da un’importante rigidità della dimensione motoria e da una ciclicità nel contesto ludico, evidenziata dalla ripetitività dei giochi.

Considerato una neurodiversità permanente e irreversibile, il disturbo non può essere curato in forma definitiva, ma può essere trattato, con l’attenzione e la premura del cuore, mediante l’intervento di strategie mirate, dalle terapie cognitivo-comportamentali alla pet therapy, passando per le numerose associazioni di volontariato e fondazioni no-profit che mirano non soltanto a ridurre, per quanto possibile, i sintomi indotti dal disturbo o a trattare le condizioni che vi si possono associare, ma a migliorare, anche in maniera significativa, le capacità comunicative, le abilità individuali e sociali e i comportamenti dell’individuo che ne è affetto, supportando anche il contesto familiare e scolastico in cui è inserito.

Tra queste, vi è la Fondazione Giovanni XXIII Autismi e Terapie, sita a Valbrembo (BG), che mediante la dedizione e la competenza del suo staff, prende per mano il soggetto autistico e la sua famiglia, guidandolo, step by step, in un percorso di consapevolezza e sostegno che ha, come fine, il potenziamento dei punti di forza e la gestione delle criticità causate dal disturbo stesso.

Noi ci siamo incuriositi a questa importante realtà, attenta alla persona, che non si identifica mai con la malattia, perché, tra le varie attività promosse, siamo rimasti affascinati dai diversi trattamenti intrecciati con la musica, una per eccellenza, la musicoterapia, disciplina nata a Londra nel Settecento, dal genio creativo del medico musicista inglese Richard Brocklesby ed oggi sviluppata e utilizzata in tutto il mondo, che utilizza la musica o il suono come strumento di comunicazione non-verbale, adoperandosi sulle dimensioni educative, terapeutiche o riabilitative, agendo sugli stati d’animo e sulle emozioni umane e migliorando la salute psicofisica dei pazienti sotto differenti aspetti, perché in grado di agire su molteplici ambiti, dalle funzioni cognitive, alle capacità motorie, passando per lo sviluppo emozionale, le abilità sociali e la qualità della vita. Un intervento di interscambio, di connessione profonda, che coinvolge musicoterapeuta e paziente, un intervento dinamico e attivo, che si concretizza attraverso l’utilizzo di strumenti musicali con cui instaurare un dialogo per comunicare oltre, al di fuori di noi.

Ed è in questo tipo di trattamenti che la celebre frase del filosofo greco Platone, “La musica è la miglior medicina dell’anima”, trova uno dei suoi maggiori riscontri, evidenziando la levatura emozionale che le sette note, suonate con il tocco del cuore e dell’empatia, possono apportare nell’esistenza di ciascuno di noi, che si tratti di introspezione, autoanalisi, malessere o patologia, fino all’imprescindibile potere di condivisione, unione e gioia.

Se ben ricerchiamo nel panorama artistico internazionale, scopriremo grandi nomi affetti da autismo, dalle forme più lievi (Courtney Love, Matt Savage, David Byrne, Craig Nicholls, solo per citarne alcuni), a casi più eclatanti (come Albert Einstein, Elon Musk, Stanley Kubrick, Tim Burton, Andy Warhol, Anthony Hopkins).

Questo perché, gli stessi geni responsabili dell’autismo, come scientificamente provato da una ricerca della Yale School of Medicine, condotta dall’italianissimo Renato Polimanti e dal suo insegnante Joel Gelernter (che su un campione di oltre 5000 soggetti autistici è giunto alla conclusione che le varianti genetiche responsabili di tratti dello spettro del disturbo, hanno goduto di un’evoluzione positiva che ha permesso il loro mantenimento nel tempo perché portatrici di effetti in parte vantaggiosi, tra cui la formazione di nuovi neuroni, condizione che garantirebbe un funzionamento intellettivo migliore), sono anche quelli che permettono, a chi vi convive, di sviluppare un’intelligenza superiore alla media e ciò ci porta inevitabilmente a riflettere su quanto spesso, una visione del mondo etichettata come distopica, negativa e non conforme a quella che definiamo collettiva, comune, sia la chiave per scoprire nuovi orizzonti, per consegnare al mondo verità che possono essere scorte solo con gli occhi dell’integrazione, sotto ogni aspetto.

Concludendo, vi lasciamo ad una breve serie di frasi sull’autismo su cui meditare e ci auguriamo di essere riusciti, anche solo in minima parte, a trasmettere non tanto nozioni teoriche sull’autismo, quanto più l’importanza di approfondire, ma soprattutto, di non giudicare, universi personali distinti, diversi e lontani dai nostri, accettandoli pienamente e cogliendo tutte le meravigliose sfumature che possono arricchire il nostro arcobaleno individuale, perché nessuno, a questo mondo, si dovrebbe sentire diverso o inferiore.

«I medici hanno detto che avevo l’autismo.
Mia madre mi prese le mani, mi guardò negli occhi e disse: “Tu sei perfetto”.
Non temere le persone con autismo, abbracciale.
Non cacciarle via dalla tua vita ma accettale perché solo allora essi brilleranno».
Paul Isaacs.

«Ci vuole un villaggio per crescere un bambino.
Ci vuole un bambino con autismo per elevare la coscienza del paese».
Coach Elaine Hall.

«Non conosco nessuno che è totalmente autistico o puramente neurotipico.
Anche Dio ha avuto alcuni momenti autistici, motivo per cui i pianeti ruotano».
Jerry Newport.

«Anche se in un primo momento può sembrare devastante, l’autismo non è la fine del mondo.
È l’inizio di un nuovo modo di vedere le cose».
Claire Scovell LaZebnik.

 

Si ringrazia Alessandro Corti di InstaBlogMusic per la partnership.

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