Mauro Bottini presenta “Groove District”: il nuovo progetto jazz-funk debutta a Roma
C’era uno spazio non ancora formalizzato tra il rigore formale del jazz italiano e la libertà, la fluidità ritmica della nuova scena europea. Con “Groove District”, il sassofonista e direttore artistico Mauro Bottini interviene esattamente lì — non per ibridare i linguaggi, ma per ridefinirne le priorità. Il suo nuovo progetto discografico non è un passaggio intermedio, ma una fusion matura e consapevole, senza estetismi derivativi.
Una ricomposizione funzionale del vocabolario jazz-funk, in cui Bottini evita ogni tipo di retorica celebrativa e sposta l’asse sulla necessità contemporanea del suono, presentando il disco in una serie di concerti a Roma, concepiti come vero banco di prova dal vivo, prima che come evento promozionale.
Il groove non interviene come elemento accessorio, ma come principio strutturale attivo della forma, come architettura portante del discorso musicale. “Groove District” è costruito sul lavoro timbrico e ritmico affidato a Lucrezio De Seta (batteria) e Marco Massimi (basso elettrico), motore pulsante del quartetto. Centrale il ruolo di Antonino Zappulla al pianoforte: la sua co-autorialità con Bottini sposta l’attenzione dalla tradizionale centralità del solista all’interplay come vero principio di composizione.
«Con questo progetto – racconta Bottini – ho voluto unire l’energia del groove alla raffinatezza dell’improvvisazione jazzistica. È un disco nato sul palco, dal dialogo con musicisti che condividono la stessa visione artistica e umana.»
Una dichiarazione che chiarisce immediatamente l’intenzione e ne esplicita la direzione: non un aggiornamento estetico, non una reinterpretazione del genere, ma un lavoro sull’impianto stesso del linguaggio.
Il sax è un vettore narrativo, e le tracce — che Bottini definisce metaforicamente “paesaggi urbani in movimento” — procedono per densità variabile: sezioni a forte interazione strumentale si alternano a spazi più asciutti e intenzionali, in cui il dialogo tra i musicisti si fa quasi analitico. Il sax non emerge come protagonista situazionale, ma come voce organizzatrice del campo sonoro, mantenendo una chiarezza melodica senza sacrificare complessità e profondità armonica.
Con “Groove District”, Mauro Bottini non si appoggia alla memoria del genere, né firma un esercizio stilistico, ma mette a fuoco un metodo: un jazz-funk italiano che si posiziona fuori dalle nostalgie e dentro un presente consapevole, centrato sul rapporto fra ritmo e interazione,
I dettagli completi delle date romane verranno annunciati nei prossimi giorni sui canali ufficiali dell’artista.
Si ringrazia Marco Bottini per la collaborazione.